Autoguarigione ed effetto placebo

Alla luce di quanto emerso, sarebbe quindi opportuno indagare in modo più approfondito l’effetto placebo, evitando di utilizzarlo solo come accompagnamento nei test di studio dei farmaci tradizionali. A tal proposito, riporto un altro studio compiuto nel 2013 dal titolo

Against the “placebo effect”: a personal point of view (Contro l’effetto placebo: un punto di vista personale https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23497817).

L’autore riesamina 10 studi riguardanti l’effetto placebo che testimoniano l’importanza del contesto medico nel quale questo viene applicato. I placebo, sostiene, sono sostanze inerti che non possono fare nulla. Eppure è chiaro che dopo la somministrazione di tali sostanze, alcune cose accadono. Una (e forse l’unica) cosa chiara è che qualunque cosa accada, essa non è dovuta direttamente al placebo. Il punto vincente sta nella possibilità di ricorrere a placebo di varie forme e colori, che possano trasmettere un significato rassicurante ai pazienti e nel modo maggiormente convincente. Sono una rappresentazione avvincente del trattamento medico.

Il placebo come simbolo del trattamento medico

Pertanto l’autore sottolinea la valenza simbolica del placebo, da cui si origina una forza psicologica tale da portare il paziente a manifestare risultati fisiologici. Secondo lui, i placebo sono rappresentazioni metonimiche dell’intera esperienza medica (un metonimo è una rappresentazione in cui una parte di qualcosa la rappresenta nella sua interezza, così come in questo caso la pillola rappresenta l’intera esperienza medica). Più precisamente, i placebo possono essere simulacri metonimici: un simulacro è un oggetto artificiale, ad esempio una statua che rappresenta un uomo, e dunque un placebo rappresenterà un farmaco specifico come, ad esempio, l’aspirina. La forza di tali oggetti sta nel loro potere evocativo. In questo contesto, i placebo possono trasmettere i più intimi sentimenti medici rispetto al farmaco e al trattamento e il medico può, con la sua semplice presenza, aumentare l’efficacia di una procedura medica, facendola uscire dal suo presunto ruolo di placebo inerte. Placebo inerti possono aiutarci a vedere le dimensioni umane del trattamento medico, un aspetto talmente importante all’interno di un percorso di guarigione, che definire “effetto placebo” tale risvolto non fa che distogliere drammaticamente l’attenzione dalla reale comprensione del fenomeno, facendoci concentrare solo sull’essere inerte e trascurando il vero significato del termine. Decisamente più opportuno è pensare a “risposta al significato”, aggiungerei “risposta al simbolo”, piuttosto che “effetto placebo”.

L’autore di questo studio ci porta ad un piano più alto del significato e della risposta al significato, osservando come lo stesso termine sia limitante nella rappresentazione di ciò che avviene nella realtà durante un atto medico in cui si offre “solo” placebo. Stiamo sottolineando ancora come la componente umana sia determinate in tutto questo.

Un altro studio interessante che vi invito a visionare è How can placebo effects best be applied in clinical practice? A narrative review (Come possano gli effetti placebo essere applicati al meglio nella pratica clinica? Una revisione narrativa https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25678829)

Comunicazione medico-paziente ed empatia

Abbiamo cercato del materiale scientifico dedicato all’effetto placebo utilizzato nella pratica clinica; attraverso esso, i medici possono accedere ai potenziali di auto-guarigione dei pazienti. In pratica, i medici riuscirebbero a sfruttare l’effetto placebo grazie a un’attenta comunicazione con la quale influenzare le aspettative del paziente.

Affinché questo accada, occorre ribadire al paziente l’efficacia di uno specifico trattamento, basandosi su un ottimismo realistico. Occorre uno stile centrato sul paziente, che coinvolga elementi come lo sviluppo della fiducia e del rispetto, l’esplorazione dei suoi valori, il parlare positivamente dei trattamenti e la fornitura di rassicurazione e incoraggiamento. Occorre dunque “attivare” il placebo per avere l’effetto placebo. Pertanto, gli effetti placebo possono essere intesi come una forma di “trattamento supplementare” e la somministrazione consapevole di placebo come un attivatore dell’effetto placebo, ovvero di processi psico-fisiologici utili alla guarigione del paziente.

Come possiamo vedere, sono in molti ad essere arrivati alle stesse conclusioni, dove placebo, effetto placebo, comunicazione positiva, attivazione di effetti fisiologici, benefici effetti psicologici sono alcune delle parole chiave dell’argomento.

Da anni osservo, studio e lavoro con il placebo in forme molto più sofisticate. Tramite il modello C.I.E.M. (Coscienza-Informazione-Energia-Materia) ho sintetizzato come la coscienza sia in grado di modificare e creare delle informazioni capaci, attraverso l’attivazione di processi fisiologici del corpo, di provocare delle modificazioni biochimiche nell’organismo intero.

Di fatto, lo stesso procedimento ci porta a muovere un braccio: quasi nessuno si interroga sul come questo avvenga, limitandosi a utilizzare l’arto e basta. Il placebo è la ricezione da parte del paziente di un software che il medico gli trasmette e gli dedica. Ecco che la qualità di questo software è data dalla conoscenza del medico, dal rapporto che ha col paziente, dalla conoscenza di come tutto ciò avvenga e anche dalla capacità di ricezione e comunicazione del paziente. Più il medico è in grado di vedere il “programma di autoguarigione” del paziente e più, attraverso comunicazione verbale e non verbale (come neuroni specchio, comunicazione inconscia e tanti altri strumenti che entrano in gioco in una relazione umana) è in grado di trasferirgli il software giusto ed il paziente è in grado di attivarlo dentro di sé. Di fatto un farmaco è biochimica e materia, mentre il placebo è un portatore di informazione, un supporto attivo nel suo significato reale e simbolico. Pertanto la risposta va cercata nella capacità del medico di trasferire informazioni utili al paziente per cambiare lo stato delle cose, per attivare programmi psico-fisiologici di guarigione.

Fonte: articolo tratto da Scienza e Conoscenza 61.

Autore

Andrea Gadducci
Andrea Gadducci è ingegnere, esperto in biomedica e in metodiche quanto-biofisiche.
È Ceo di Bio-t Tecnologie per la vita srl ed è co fondatore di MedCam Congresso di Medicina Alternativa e Complementare.

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