L’uomo è un essere sociale

Nel corso della sua evoluzione, l’uomo ha sviluppato un comportamento collettivo basato su relazioni interpersonali complesse e articolate. Ha sviluppato una straordinaria capacità di interagire con il proprio ambiente, utilizzando risorse cognitive ed emozionali al servizio di una mente sociale che gli conferisce la capacità di capire e interagire con i suoi simili dotati di una mente e una intenzionalità simile alla sua. Il fine è quello di consentire una migliore sopravvivenza e l’evoluzione stessa.

L’essere umano è estremamente sensibile alle influenze provenienti dall’ambiente socio culturale che modificano costantemente i suoi circuiti nervosi, l’organizzazione plastica del suo cervello e conseguentemente le sue funzioni mentali. In particolare sono proprio le relazioni sociali che influiscono su sentimenti ed emozioni e questi inevitabilmente influiscono sul corpo.

E’ ormai ampiamente condiviso il fatto che il benessere o malessere fisico condizionano la sfera emotiva, e viceversa lo stato psichico ha ripercussioni sullo stato fisico. I fattori psico-sociali sono strettamente correlati allo stato di salute o di malattia fino alla morbilità cronica o addirittura alla mortalità.

Le relazioni infatti possono essere fonte di appagamento ,senso di stabilità e sicurezza, se al contrario, sono disfunzionali l’individuo si sente insicuro, ne può derivare uno stato di ansia con conseguente perdita della capacità di adattamento sociale, lavorativo e fisico fino alla comparsa di malattia fisica o mentale che può trasformarsi in una patologia cronica. Quindi emozioni e stress hanno un effetto grandissimo sul nostro stato fisico.

Esistono molte teorie secondo le quali le origini dello stress possono trovarsi all’interno del contesto sociale e secondo le quali la malattia può derivare da conflitti interpersonali. Tutto ciò è molto bene esplicitato dal paradigma PNEI.

Ogni stato emotivo genera delle molecole emozionali neuropeptidi, ormoni, citochine che inducono delle alterazioni psico neuro endocrino immunologiche che, in caso di emozioni negative, danno luogo a una pericolosa catena di eventi “contro la vita”.
Se siamo costantemente preda di pensieri negativi, se siamo arrabbiati, tristi, depressi, stressati, diventiamo vulnerabili ad un gran numero di problemi.

Le nostre relazioni sono inquinate dai nostri stati emotivi, spesso negativi. Ma questi stati emotivi dipendono dal modo in cui noi affrontiamo la vita e le situazioni anche relazionali che stiamo vivendo.

Il nostro modo di leggere le situazioni, però è illogico e incoerente, determinato unicamente da una nostra immaginazione negativa.
Molto comunemente, per esempio ci facciamo prendere da paure non reali che condizionano fortemente il nostro comportamento e che mettono a rischio o compromettono le nostre relazioni sociali e affettive. Agiamo cioè obbedendo alla struttura di una “mente meccanica “secondo la quale ognuno pensa per sé, nonostante come detto sopra, l’uomo tragga vantaggio dal suo vivere sociale.

Noi tutti agiamo obbedendo a leggi convenzionali e non secondo leggi naturali in base alle quali possiamo distinguere ciò che occorre fare realmente, considerando ciò che è utile o non utile al momento. Nella maggior parte dei casi le nostre azioni sono determinate da ciò che riteniamo più utile per noi, per il singolo, perdendo invece il contatto con la prospettiva più ampia che tiene conto di noi, degli altri e dell’ambiente che ci circonda.
Per riappropriarci di questa capacità, sensibilità, occorre riconquistare la nostra mente “naturale”. Una mente cioè che segue le leggi naturali che è calma e tranquilla e che è in grado di prendersi cura di se oltre che dell’ambiente circostante per garantirsi la reale sopravvivenza.

Le persone che seguono le leggi naturali riescono a controllare lo stress, sono più sane, infatti è il modo secondo cui interpretiamo gli eventi che puo’ determinare il nostro modo di essere e di affrontare la vita. Quando ci si esercita a seguire la mente naturale i nostri centri nervosi raggiungono una coerenza biologica che garantisce uno stato di salute.

Questa coerenza permette un funzionamento più ordinato e naturale del nostro sistema nervoso, riducendo fortemente lo stress, che come abbiamo visto, determina una pericolosa catena di eventi che sappiamo essere causa di numerose malattie.

Possiamo quindi parlare di mente meccanica (quella cioè governata dalle emozioni o meglio dalle nostre emotività), e di mente naturale che segue leggi molto semplici che sono le leggi della natura stessa, profondamente insite dentro di noi e che vanno solo riportate allo stato di consapevolezza.

La mente meccanica si struttura all’interno dell’ambiente socioculturale in cui noi cresciamo: è condizionata dal periodo storico, dalle tradizioni familiari, dal contesto sociale, ecc
E’ una sovrapposizione, una sovrastruttura, una sostituzione della mente naturale della specie umana, che altera la Realtà attraverso una interpretazione.

Normalmente nella nostra vita quotidiana siamo condotti da pensieri, preoccupazioni che ci impediscono di essere in vera relazione con ciò che ci circonda.

Ci allontaniamo così sempre di più da ciò che siamo realmente e perdiamo la connessione con gli altri e con l’energia naturale attorno a noi.

La mente meccanica agisce per automatismi, priva della connessione con la naturale essenza dell’individuo che è inconsapevole di questo inganno.

Nei processi mentali scattano pensieri ed emozioni in modo meccanico, non conscio, non consapevole, non diretto dalla volontà: I MECCANISMI.

Come possiamo liberarci dalla mente meccanica e riconquistare la nostra mente naturale?

Prima di tutto riconoscendo i sette meccanismi principali; essi sono forti perché hanno come base la paura: paura di perderci, paura della sopravvivenza fisica o affettiva, paura degli altri.
Passiamo ad elencarli:
AUTOAFFERMAZIONE, AUTOCOMPASSIONE, ASSOCIARE, TRATTENERE, PREVEDERE, VALUTARE, PAURE VARIE (paura del giudizio degli altri, paura di non essere capace di……,paura di perdere…..ecc.)

Primo Meccanismo : l’AUTOAFFERMAZIONE
L’atto di affermare se stessi, o affermazione di sé. E’ la voce della paura di perdere, è la voce della paura di non essere considerati, non essere stimati, non apparire, non farsi notare, non farsi vedere. Porta a vantarsi, esibirsi, dimostrare, autocompiacersi. L’autoaffermazione è quel meccanismo che ci porta a voler essere al centro dell’attenzione perdendo così l’interesse verso l’altro, verso ciò che ci circonda; porta a una chiusura.

Secondo Meccanismo : l’AUTOCOMPASSIONE
E’ un altro aspetto dell’autoaffermazione. Alla base ci sarà il non sentirsi considerati, sentirsi esclusi; l’avere paura di sbagliare, avere paura del giudizio degli altri. Questo meccanismo si esprime attraverso la paura di avvenimenti subiti nel passato, a cui si rimane ancorati e si ha paura che si ripetano in futuro. Si giunge alla valutazione che gli altri sono più fortunati, che gli altri non hanno subito tutto ciò che noi abbiamo subito e per questo nasce un sottile rancore, una rivalsa verso gli altri. Non si riesce quindi a procedere verso il futuro con un atteggiamento positivo, libero.
E’ l’atteggiamento della persona costantemente ripiegata su di sé, sui propri guai: ne consegue ancora un atteggiamento di chiusura verso l’ambiente circostante.

Terzo Meccanismo: IL PREVEDERE
Spesso quando dobbiamo affrontare una situazione nuova, la mente, usando l’immaginazione, prevede le difficoltà che si potrebbero presentare in tutti i particolari, si genera ansia e stress ancora prima di affrontare concretamente la situazione stessa. L’individuo sottoposto al meccanismo del prevedere viene posto di fronte a qualcosa che crede di non poter affrontare, ci si paralizza e non si procede. Questo porta costantemente a non conoscere mai ciò che è oltre il proprio schema, oltre le proprie abitudini, oltre quindi la propria paura di perdere.

Quarto Meccanismo: IL TRATTENERE
Il trattenere è il meccanismo che rifiuta lo scambio con l’esterno. E’ alimentato dalla paura di soffrire per cui ci si chiude sempre di più in sé stessi escludendo gli altri, ci si addentra in una spirale di chiusura verso l’esterno sempre più stretta, che si esprime come patologia sia a livello mentale che fisico. Tutto ciò da una forte sensazione di soffocamento, di costrizione, la causa della quale viene ricercata all’esterno; si tende quindi a rifiutare il rapporto con gli altri. Nel caso più semplice si instaurano rapporti solo di forma che evitano il confronto, nei casi più gravi si cerca l’isolamento.

Quinto Meccanismo: Il VALUTARE
Questo meccanismo ci porta ad estraniarci dall’esperienza nel suo globale, perché valutiamo le situazioni e le persone attraverso il “nostro” filtro, e valutando ci mettiamo in una posizione di osservazione critica, analitica, da cui fatichiamo a muoverci. Nel rapporto con gli altri questo atteggiamento fa si che non si possa ascoltare veramente, perché mentre l’altro parla, noi continuiamo ad usare la mente associativa che ci distoglie dall’ascolto reale dell’altro. Quante volte si osserva l’altro con l’occhio critico e non si ascolta quello che dice? La valutazione quindi è come un paio di occhiali con un vetro che deforma e distorce tutto: chi si mette questi occhiali lo fa credendo di ripararsi, di essere tutelato dagli inganni degli altri. “Se non uso la critica, come faccio a distinguere ciò che è buono da ciò che è falso? E’ la critica che mi aiuta. Non posso entrare nell’esperienza così, sarei indifeso, la critica mi aiuta a difendermi dall’altro, a distinguere il buono dal cattivo, ciò che mi porterà dolore da ciò che non me lo porterà.” Alla base c’è ancora la paura.

Sesto Meccanismo: ASSOCIARE
Il meccanismo dell’associare equivale ad avere sulla spalla qualcuno che chiacchiera continuamente e a cui si dà l’attenzione; ma è qualcuno che parla a vanvera, non seguendo un filo logico o una sequenza che porta ad una conclusione.
In questo tragitto catturante per l’individuo, in questi pensieri dissociati e slegati tra loro, si vivono spesso stati emotivi profondi e l’individuo non è presente nei gesti che fa, ma li conduce meccanicamente. Se si dovesse quantificare i momenti in cui si pensa veramente, nella presenza di sé, si vedrebbe che nel 99% dei casi non c’è pensiero ma “associare” secondo una mente emotiva, quindi NON PENSIERO. L’associare è alla base dell’abitudine: i gesti meccanici equivalgono alla meccanicità del pensiero nell’associare.
Nei gesti abitudinari “uno chiama l’altro”, ciecamente; nell’associare “un pensiero chiama l’altro” ciecamente. C’è l’assenza dell’individuo, della sua attenzione, i gesti sono meccanici, vuoti, lo sguardo fisso; ci si accorge di essere in associazione o di esserci stati quando non si ricorda ciò che è stato fatto, quando ci sono “vuoti”. Durante il meccanismo dell’associare, si scatena la mente emotiva, vi è la mancanza di attenzione a sé , cecità verso gli altri, cecità ai propri gesti e si è condotti in stati emotivi alterni, da questi pensieri sciolti.

Il settimo meccanismo: PAURA
La paura è il meccanismo fondamentale.
Abbiamo paura di perdere l’affetto, la sicurezza, la casa; in nome dell’amore asseriamo che non potremmo vivere senza nostro marito/moglie, senza i nostri figli, senza le cose che sono nostre, spesso usiamo gli altri per proteggerci, per sentirci al sicuro ma questo non è amare. La paura della sopravvivenza è la paura fondamentale, mascherata dalla paura della morte.
La paura della sopravvivenza si radica negli attaccamenti senza sapere che l’attaccamento esclude sempre qualcosa: se c’è un attaccamento affettivo si escludono tutte le altre persone; se c’è l’attaccamento ad un pensiero, ad una teoria, ad una convinzione si esclude ogni possibilità di conoscere il nuovo, il diverso. Se c’è attaccamento verso i propri oggetti, le proprie cose, essi richiamano continuamente lo sguardo, il desiderio e la volontà è vincolata attorno ad essi e si esclude la libertà. Se c’è attaccamento verso il proprio passato si esclude il procedere, che è volere e comprendere il nuovo.
Abbiamo paura di perderci, di non ottenere tutto ciò che potremmo dalle situazioni, dalle relazioni, di dare più di quanto riceviamo e ci chiudiamo, per proteggerci, per paura di soffrire, non lasciamo che gli altri ci “parlino” ,non entriamo in relazione: ci avviluppiamo su noi stesi ….e ci stressiamo….. e ci ammaliamo.

Tratto da “Scuola della conoscenza di sé” del Maestro SHONJANTO.

Dr.ssa Ornella Righi – Team scientifico Spazio Tesla

Autore

Ornella Righi (Pediatra e Omeopata) svolge attività come pediatra di base presso il proprio ambulatorio in Pontenure (PC), da sempre appassionata alla ricerca medica ed umana; aperta e disponibile alle nuove visioni e sperimentazioni in campo terapeutico, diagnostico, della prevenzione e promozione alla salute. Coordinatore scientifico dell’ Associazione di ricerca nelle scienze umane ed esobiologiche “Spazio Tesla . Co-Fondatrice del progetto di salute consapevole denominato Onda Tonda” .www.ondatonda.com. Da diversi anni sperimenta ed applica nel proprio campo le nuove tecnologie basate sui principi della fisica quantistica e alle quali si possono abbinare risultati scientificamente provati.

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